Tra le varie modifiche apportate dal Decreto legge n. 77/2021, merita una particolare attenzione l’articolo 53 attraverso il quale il Legislatore, nell’intento di potenziare le norme in materia di trasparenza, così come più volte preteso dalla giustizia amministrativa, ha introdotto, l’obbligo di pubblicazione non solo degli atti di gara, ma anche quelli della fase civilistica.

Pertanto, il nuovo testo, riportato al comma 1 dell’articolo 29 del Codice dei Contratti, deve essere letto nel modo che segue ” Tutti gli atti relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento e l’esecuzione di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell’ambito del settore pubblico di cui all’articolo 5, alla composizione della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti, ove non considerati” 

Con ciò il legislatore, nel ribadire l’obbligo del RUP di pubblicare nella sottosezione dedicata alla “Sezione Trasparenza” la documentazione afferenti la procedura di gara, introduce un ulteriore obbligo che è quello della pubblicazione degli atti relativi alla fase di esecuzione del contratto di appalto.

Tuttavia, non è di semplice individuazione l’elenco degli atti oggetto del suesposto obbligo normativo.

Certamente, vi rientrano i documenti comprovanti la consegna e inizio lavori, gli atti di liquidazione e i mandati di pagamento, così come statuito di recente dal TAR Catania con la  sentenza del 15.7.2021, n. 2325 (in tema di accesso civico ai documenti relativi ad una procedura di affidamento), ma ad oggi non è dato comprendere sul piano normativo se vi possono rientrare anche gli atti assunti dal RUP o dalla Direzione Lavori.

La mancanza di una chiara individuazione dei documenti afferenti alla fase di esecuzione di un contratto pubblico, soggetti all’obbligo di pubblicazione, rischia di diventare un serio problema in ordine all’accoglimento di una richiesta di accesso semplice (recte: civico), in quanto si demanderà al RUP il potere/dovere di valutare volta per volta la sussistenza dei presupposti per accoglierla.

Per dovere di completezza di disamina, l’accesso civico, ovvero quello cd. “semplice”,  risulta disciplinato dal comma 1 dell’art. 5 del D. Lgvo. n. 33/2013 che, così, recita:  “L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione”.

Attraverso tale previsione normativa, quindi, qualunque cittadino può avanzare istanza di accesso civico e/o semplice senza l’onere di fornire alcuna motivazione e ciò perché l’oggetto della richiesta di ostensione riguarda quegli atti e/o documenti che devono essere pubblicati, ex lege, dalle Pubbliche amministrazioni

Con tale disposizione il Legislatore ha, voluto, quindi rafforzare ancora di più la voluntas legis volta a rendere più incisivo, da un lato, il diritto di ostensione in capo ai privati della documentazione detenuta dalla P.A., e, dall’altro, il dovere in capo a quest’ultima di pubblicazione degli atti amministrativi; con ciò continuando quel cammino intrapreso dal Legislatore con la legge n. 241/90 sul procedimento amministrativo.

Ed è proprio in questa ottica che è d’uopo da parte del Legislatore un intervento, quanto prima, per la corretta individuazione dei documenti afferenti l’esecuzione del contratto e soggetti all’obbligo di pubblicazione, per evitare di trovarsi di fronte a dei dinieghi di accesso da parte del RUP in ordine agli atti inerenti l’esecuzione del contratto, con conseguente necessaria impugnazione innanzi al Giudice Amministrativo.